Rate insolute cessione del quinto: cosa succede?

3883

Indice dei contenuti

Al momento dell’estinzione di un prestito al titolare potrà accadere di vedersi contestare – dall’istituto bancario o dalla finanziaria – una o più rate insolute.
Per il titolare del prestito si tratta di un’autentica doccia fredda. Com’è possibile che vi siano rate non onorate in una formula che prevede trattenute all’origine?
In questo articolo trattiamo gli scenari all’origine di questo – frequente – fenomeno, cercando di fare luce sulle motivazioni.

Rate insolute: alla radice del problema

Il rinnovo della cessione del quinto prevede la contestuale estinzione di un prestito in corso. Il finanziamento consiste infatti nel negoziarne uno nuovo, con durata più lunga.
Il netto erogato così ottenuto verrà destinato all’estinzione del residuo; la differenza potrà essere versata al cliente. Quando si riformula una cessione occorre chiedere il conteggio estintivo. E’ in questo momento che il cliente spesso ha la fatidica “brutta sorpresa“. Sovente il conteggio estintivo riporta infatti somme – già pagate – da rimborsare.

Com’è possibile? Spesso questo fatto è legato a problematiche amministrative – ma anche debitorie, in taluni casi – dell’azienda datrice di lavoro. Può accadere che da parte dell’amministrazione aziendale non venga eseguito il versamento di una o più rate, ma che queste vengano comunque trattenute sulla busta paga del dipendente.
In pratica il lavoratore si vede decurtare un quinto di stipendio dalla busta paga, ma questi soldi non giungono all’istituto di credito.

L’origine di questi mancati versamenti può essere ricercato in molteplici ragioni:

  • Uno o più ritardi nei versamenti da parte del datore di lavoro alla società finanziaria;
  • Latenza nella registrazione in contabilità delle rate da parte dell’azienda. Questo è il caso più frequente.

Cosa accade se l’azienda effettua la trattenuta della rata ma non il pagamento? In tal caso è importante il dialogo con la finanziaria con cui è stata intavolata la cessione. Bisogna chiarire che il mancato pagamento è esclusivamente imputabile ad un errore dell’azienda.

  1. Sarà dunque la finanziaria, e non il lavoratore, ad incalzare il datore di lavoro per rientrare delle rate insolute.
  2. Se invece l’azienda non esegue la trattenuta, occorre mobilitarsi per ripristinare il corretto andamento dei pagamenti.

Va evidenziato che qualunque ritardo di pagamento delle rate di cessione non provoca ripercussioni negative. Non si viene identificati come cattivi pagatori, a maggior ragione se il problema non è imputabile al dipendente.

Mancati versamenti: cosa accade esattamente?

  1. La rata viene regolarmente trattenuta sulla busta paga del dipendente;
  2. La somma viene contestualmente inviata alla società finanziaria. Talvolta questo accade con un ritardo che può variare da pochi giorni a 1 o 2 mesi.
    Alcune amministrazioni hanno il vizio di versare in ritardo. Questo è, purtroppo, tutt’altro che accidentale. Alcune di esse lo sfruttano al fine di creare una riserva di liquidità a costo zero.
  3. Il bonifico viene eseguito con un ritardo tecnico di pochi giorni;
  4. La rata viene accreditata sui conti della finanziaria, ma registrata tardi in contabilità.

Ecco dunque illustrato il fenomeno. Quando l’ufficio contabile elabora il conteggio estintivo visualizzerà le rate in ritardo rispetto alla data della trattenuta.
L’effetto finale sarà che le rate depositate in ritardo risulteranno quindi insolute.
Le rate sono dunque trattenute in busta paga ma nonostante ciò vengono comunque addebitate nel conteggio estintivo.

Problematica imputata al titolare del prestito Conseguenze
Trattenuta con mancato versamento del quinto La finanziaria incalzerà l’azienda titolare a versare le rate mancanti.
Rate versate in ritardo dall’azienda Le rate sono registrate, ma segnalate in ritardo.
Mancata annotazione della trattenuta da parte dell’azienda Le rate vengono rimborsate via via che avviene la registrazione in contabilità

Le rate insolute nei conteggi estintivi di una cessione sono frequenti. Questo accade in particolare per gli statali, in quanto motivate da ritardi nell’invio delle somme dal datore alla società finanziaria. Le rate vengono rimborsate al cliente via via che avviene la registrazione in contabilità. La spiacevole conseguenza è la latenza con cui la somma torna nella disponibilità del titolare del prestito.

N.B. E’ importante chiarire che non si tratta di insoluti veri e propri. Il cliente non viene considerato inadempiente e non risulterà iscritto ad alcun registro.

Quali oneri per il lavoratore?

Ribadiamo che si tratta di una problematica di carattere tecnico e comunque non imputabile al cliente.
La conseguenza più rilevante – e fastidiosa per il pagatore – è però la seguente.
Queste rate vengono addebitate nel conteggio estintivo finale. Questo risulterà dunque essere più oneroso.

Rate non versate dal datore di lavoro: come correre ai ripari?

E’ evidente che, qualunque sia il motivo del ritardo, la finanziaria esige i soldi dal cliente. Questi, oltre alla brutta sorpresa, dovrà fare i conti con i sospesi da pagare.
Solo in seconda battuta egli si rivarrà sull’azienda inadempiente. Nel caso il problema sia di natura tecnica, il rimborso avviene man mano che le somme vengono registrate nella contabilità societaria. Anche in questo caso il lavoratore deve armarsi di tempo e pazienza.

Il pagatore cosa può fare dunque per accorciare i tempi? In primo luogo egli può inviare una raccomandata con la richiesta di rimborso, allegando i comprovati pagamenti.
In seconda battuta può farsi fornire le contabili del bonifico dal datore di lavoro.

Conclusioni e valutazioni in merito

Le ripercussioni legate all’eventualità che l’azienda o il datore di lavoro non versino e/o non registrino le rate – sono dunque assai onerose. Va ricordato che il datore o l’azienda che omettano i pagamenti (per qualunque motivo) sono penalmente perseguibili.
Le responsabilità immediate nella maggior parte dei casi ricadono sul cliente e su lui solo.
Prendiamo ad esempio il caso di licenziamento o di cessato rapporto di lavoro. Se l’azienda non dovesse versare il TFR a saldo dell’eventuale debito ancora esistente, al cliente viene chiesto il rimborso dell’importo alla finanziaria.

In sintesi. Sia nell’ipotesi in cui l’amministrazione della ditta non versi le rate trattenute dalla busta paga, sia se versi il TFR, il cliente è tenuto a rispondere del debito. Solo successivamente potrà rivalersi sull’azienda per la restituzione del dovuto. Ricordiamo però, con buona pace dei titolari di prestiti, che nella maggior parte dei casi le motivazioni vanno ricercate in ritardi di carattere tecnico. E, in quanto tali, non foriere di conseguenze negative per il titolare della cessione.