Cessione del quinto in caso di dimissioni del lavoratore: cosa succede?

2558

Indice dei contenuti

In Italia il posto di lavoro continua ad essere molto ambito. Lo si può facilmente dedurre dalle statistiche relative alla disoccupazione, le quali continuano a viaggiare su livelli molto alti, troppo soprattutto in confronto agli altri Paesi avanzati dell’Eurozona. Un fenomeno che va a colpire soprattutto i giovani e coloro che hanno magari perso una volta il loro impiego e sono praticamente stati espulsi dal sistema produttivo.
Si tratta peraltro di un problema con il quale è costretto a fare i conti anche il sistema creditizio. Chi non ha un reddito sicuro, infatti, può rivelarsi un cliente molto problematico per le società del comparto, in quanto difficilmente potrà disporre di risorse in grado di fargli sostenere un piano di rientro nel caso gli venga concesso un prestito.

Un problema non da poco soprattutto nel caso di una formula creditizia come la cessione del quinto, che presuppone per l’appunto l’esistenza di una fonte presso la quale ritirare ogni mese il corrispettivo della rata stabilita a livello contrattuale.
Una tematica poi del tutto particolare è quella rappresentata da chi perde il proprio posto di lavoro, un fenomeno reso possibile dall’introduzione nel nostro ordinamento del licenziamento economico, conseguenza del varo del Jobs Act, la riforma del lavoro varata dal governo Renzi che ha in pratica eliminato l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

La polizza rischio impiego

Proprio per attutire gli effetti dei licenziamenti economici nel caso della cessione del quinto si rende obbligatoria l’adesione ad una polizza rischio impiego, al fine di assicurare il debito residuo contro il rischio che il debitore possa perdere, per un qualsiasi motivo, il proprio posto di lavoro. La polizza rischio impiego è quindi una presenza continua, evidente o nascosta, in ogni contratto di cessione del quinto, con l’unica eccezione di quello relativo ai pensionati, per i quali tale assicurazione sarebbe con tutta evidenza inutile.

Contrariamente a ciò che si pensa, il reale beneficiario della polizza è proprio l’ente erogante e non il debitore. In caso di licenziamento o dimissioni del lavoratore il debito non viene infatti estinto dall’assicurazione, la quale se da una parte provvede senz’altro a saldarne la parte residua alla centrale che ha erogato il credito, dall’altra mantiene il diritto di rivalersi sul debitore.

Un rischio che occorre tenere nel debito conto quando si va a sottoscrivere un contratto relativo alla cessione del quinto, proprio per evitare sgradite sorprese.

Cosa accade nel caso in cui il lavoratore rassegni le dimissioni?

Se è abbastanza rara la possibilità che un lavoratore dipendente decida di rassegnare le sue dimissioni dal posto di lavoro, si tratta di una eventualità che può comunque verificarsi, andando in tal modo ad innescare una serie di possibili effetti nel caso in cui il soggetto interessato abbia in corso un prestito con cessione del quinto. In un caso simile, si possono verificare tre distinte situazioni che andiamo ad analizzare.

Dimissioni per cambio del datore di lavoro

Questo è il passaggio diretto che non va a sfociare in alcun licenziamento. Ove ciò avvenga, sia il dipendente che il datore di lavoro sono tenuti a comunicare alla società finanziaria con cui è stato contratto il prestito la propria decisione, dalla quale deriva che non saranno più versate quote alla stessa. Dovrà essere lo stesso ente erogante ad attivarsi a questo punto al fine di comunicare al nuovo datore di lavoro l’esistenza di un rapporto relativo alla cessione del quinto concordata in precedenza. Come si può facilmente comprendere tutto rientrerà ben presto nella normalità con il nuovo datore di lavoro che assumerà il compito di trattenere ogni mese sulla busta paga il corrispettivo di quanto dovuto dal dipendente per poi girare la rata alla finanziaria.

Dimissioni dovute al cambio del datore di lavoro che implichino il licenziamento

In caso di licenziamento, sarà proprio l’ormai ex datore di lavoro a provvedere alla necessaria comunicazione di quanto accaduto alla società finanziaria, che ha erogato il credito. L’ente erogante, una volta ricevuta la comunicazione, provvederà a sua volta ad attivarsi per rimediare alla situazione senza che essa possa comportare alcun danno. Per poterlo fare dovrà quindi procedere con il recupero del TFR accantonato e, nel caso esso non basti per andare a coprire l’ammanco, per la somma rimanente dovrà essere l’assicurazione a procedere al recupero, andando a operare la sua rivalsa direttamente sull’ex dipendente.

Naturalmente il quadro può mutare in maniera molto significativa in base al fatto che l’interessato abbia o meno un posto di lavoro alternativo. Nel primo caso, infatti, non gli resta che inviare una comunicazione alla società finanziaria relativa alla sua assunzione presso il nuovo datore di lavoro e richiedere di notificare la Quota Ceduta. In tal modo potrà chiedere alla finanziaria di mantenere in vita la cessione in atto e il TFR. L’ente erogante, dal canto suo, conserva la facoltà di decidere se mantenere intatta l’operazione precedente con la stessa Quota Ceduta da trattenere in busta paga, oppure provvedere a ridurla in base alla differenza del residuo per l’incasso del TFR con rata e durata modificata.

Dimissioni del lavoratore per motivi personali

Può accadere che il lavoratore che ha contratto la cessione del quinto decida di rassegnare le dimissioni per motivi personali. Una eventualità di questo genere implica che egli ne risponda direttamente nei confronti della finanziaria con la quale è stato aperto il rapporto, e della Assicurazione per la quota che va ad eccedere il TFR accantonato.

Quanto detto sinora deve essere attentamente ponderato da chi abbia in essere una cessione del quinto e intenda rassegnare le proprie dimissioni per le conseguenze che potrebbe andare ad innescare, soprattutto da chi magari ha ancora pochi mesi da pagare, ma ha l’intenzione di lasciare il posto di lavoro, magari per dissidi di carattere personale insorti con il datore di lavoro.

Un consiglio che viene spesso fornito dagli addetti ai lavori, in questa eventualità è proprio di rassegnare le dimissioni scegliendo con grande cura una data che sia immediatamente successiva a quella di pagamento dello stipendio. Nel caso contrario, infatti, si rischia che l’azienda lo vada a versare integralmente alla finanziaria proprio al fine di andare a colmare la cifra eventualmente mancante.