Cessione del quinto e pignoramento successivo

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Come è noto, il lavoratore che ha necessità di soldi aggiuntivi, magari al fine di andare a rinsaldare un bilancio familiare compromesso nei lunghi anni della crisi seguita allo scoppio della bolla dei mutui Subprime, nel 2008, o dalle politiche tese a ripianare i traballanti conti statali, può scegliere di alienare un quinto del suo stipendio ad un ente finanziario, in modo da poter accedere ad un prestito. La formula creditizia che va a realizzare questo modus operandi è la cessione del quinto, la quale si appoggia proprio ad una fonte, stipendio o pensione, da cui attingere di mese in mese il necessario per saldare la rata concordata a livello contrattuale. L’entità della cifra che può essere spuntata dal richiedente dipende proprio dallo stipendio o dalla pensione e le aziende del ramo sono ben felici di concedere la cessione del quinto, per una serie di motivi facilmente intuibili.

Il primo è senz’altro derivante dalla assoluta mancanza di rischi di una formula simile: l’ente erogante, infatti, riscuote direttamente dall’appannaggio del richiedente, di mese in mese, la rata. Inoltre in caso di perdita del posto di lavoro (che non sussiste naturalmente nel caso dei pensionati) è già garantito in partenza dalla stipula di una polizza la quale va a coprire quanto manca per il ripianamento del debito. Sarà poi l’assicurazione a rivalersi da parte sua con l’interessato, colpendone il TFR e gli altri gettiti che possono essere attaccati all’uopo.

C’è però una eventualità che non viene spesso menzionata, ma che dovrebbe invece essere considerata, quando si affronta il tema della cessione del quinto, ovvero quella relativa al pignoramento che può andare ad intaccare lo stipendio del lavoratore interessato proprio mentre è in atto il piano di rientro. Una possibilità sempre in agguato nel caso in cui il lavoratore non sia riuscito a saldare un debito precedente. Cosa succede in questo caso?

Cessione del quinto in atto e pignoramento successivo dello stipendio

Cosa accade quando un lavoratore impegnato in una cessione del quinto non riesce a ripagare un debito precedente? Una conseguenza può essere il cosiddetto pignoramento presso terzi, ovvero quello che interviene sulla retribuzione. Un evento che viene notificato sia al dipendente che al datore di lavoro, il quale a seguito dell’avvenuta comunicazione è tenuto a rispettare gli obblighi imposti dalla normativa.

Va peraltro sottolineato come il pignoramento dello stipendio non sia possibile per importi che siano inferiori al triplo dell’assegno sociale. Altro aspetto molto importante è poi quello relativo all’obbligo del datore di lavoro di comunicare, in caso di pignoramento, all’autorità giudiziaria gli importi di cui è debitore nei confronti del lavoratore (solitamente, oltre alla retribuzione mensile, anche il Trattamento di Fine Rapporto), provvedendo ad indicare la presenza di eventuali vincoli in essere. L’eventuale cessione del quinto rientra appunto nella casistica.

Cosa accade quanto un lavoratore si vede pignorare la retribuzione mensile proprio mentre è in corso il piano di rientro relativo ad una cessione del quinto stipulata? In una eventualità di questo genere la parte di stipendio complessivo che può essere  pignorabile ammonta ad un quinto dello stipendio complessivo, livello in cui deve essere compresa anche la quota ceduta. Va però precisato come il pignoramento non potrà mai andare a superare la differenza tra la metà dello stipendio e la quota ceduta.

Per capire meglio il discorso si può fare un semplice esempio, impostandolo su un lavoratore il quale disponga di uno stipendio mensile di 1500 euro e abbia appunto sottoscritto la cessione del quinto con una finanziaria. In seguito agli accordi ha quindi ceduto un quinto, ovvero 300 euro, come quota mensile per il ripiano del debito contratto. Poiché l’eventuale pignoramento va ad interessare l’intero stipendio, la somma pignorabile sarebbe di 300 euro (cioè il 20% di 1500 euro). Al contempo occorre appunto ricordare come la somma in questione non potrà mai essere superiore alla differenza tra la metà dello stipendio e la quota ceduta.

Ne consegue perciò all’atto pratico che:
1) la metà dello stipendio ammonta a 750 euro;
2) la quota ceduta è a sua volta di 300 euro (un quinto di 1500);
3) la differenza tra la metà dello stipendio e la quota ceduta è: 750 – 300 = 450 euro.
Ne consegue che in un caso di questo genere la somma pignorabile non potrà andare a superare la quota di 450 euro.

E’ possibile ottenere la cessione del quinto con un pignoramento in corso?

C’è però un altro caso molto particolare da esaminare, ovvero quello relativo alla eventualità in cui un lavoratore che abbia in corso un pignoramento dello stipendio, intenda chiedere ad una finanziaria una cessione del quinto per fare fronte a particolari esigenze. Cosa accade in questo caso?
La prima cosa da dire è che il lavoratore può sicuramente avanzare la sua richiesta ad una società creditizia, naturalmente dopo aver fatto una valutazione spassionata della sua effettiva convenienza. Occorre però tenere nel debito conto le percentuali con cui l’operazione eventualmente imbastita deve essere portata avanti. In particolare occorrerà che la cessione del quinto sia limitata alla differenza tra i due quinti dello stipendio netto e la quota pignorata. Anche in questo caso un esempio può far comprendere al meglio il meccanismo che viene ad essere instaurato.

A fungere da cavia sarà stavolta un dipendente che vanti un appannaggio mensile di 2mila euro netti al mese. Due quinti del suo stipendio, ovvero il 40% ammontano a 800 euro. Il pignoramento non può andare a superare la soglia di un quinto dello stipendio, attestandosi di conseguenza a quota 400 euro. Ne deriva che la cifra che il lavoratore può cedere al fine di finanziare il nuovo debito è la differenza tra 800 euro (ovvero i due quinti) e 400 (la cifra pignorata).

Naturalmente tutto quello che abbiamo detto sinora dovrebbe senz’altro essere integrato da una stringente valutazione sui rischi che possono essere connessi ad una formula come la cessione del quinto, con particolare riferimento al fatto che esso molto spesso si rivela poco conveniente, soprattutto a causa dei costi accessori. Una categoria in cui va a rientrare non solo la polizza rischio impiego, ma anche le provvigioni che si riserva l’ente erogante per poter fornire il suo benestare alle richieste del potenziale cliente.