Cessione del quinto senza TFR

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La situazione del credito in Italia è ancora abbastanza contraddittoria. Se infatti non è più in atto il credit crunch che ha distinto le fasi immediatamente successive al 2008, ovvero dopo lo scoppio della bolla dei Mutui Subprime, le aziende del settore si muovono ancora con una certa circospezione, per non fare il passo più lungo della gamba. A consigliare questo atteggiamento è anche la notevole mole di crediti inesigibili che continua a zavorrare molte di esse.

Inoltre proprio nel corso della crisi economica è aumentato il numero di coloro che non sono in grado di produrre garanzie o entrati a far parte della categoria dei cattivi pagatori, ovvero i consumatori che dopo aver richiesto un prestito sono magari entrati in una spirale di difficoltà tale da impedire loro di portare avanti il piano di rientro concordato. Le banche e le finanziarie hanno a loro volta dovuto tenere conto di una situazione ancora problematica e per non tagliare fuori una fetta di utenza sempre più larga, hanno puntato su soluzioni in grado di tenere insieme la possibilità di accedere al credito e quella di prestare denaro in assoluta sicurezza. La formula ideale in tal senso è la cessione del quinto.

La cessione del quinto senza TFR: di cosa si tratta?

Come è ormai noto, la cessione del quinto riguarda lavoratori attivi con contratto a tempo indeterminato o determinato e pensionati. A renderne possibile il godimento è proprio la presenza di uno stipendio o una pensione su cui impostare non solo la somma che può essere richiesta, ma anche il piano di rientro, ovvero la durata del piano rateale e la consistenza di ognuna delle rate previste. Le aziende creditizie lo concedono automaticamente nel caso in cui si vengano a realizzare le condizioni minime previste e anche ove il richiedente rientri in uno dei database che racchiudono i nominativi dei cattivi pagatori, in quanto possono riscuotere il dovuto alla fonte, mese dopo mese.

Ci sono però alcuni casi particolari in cui ci si può legittimamente porre il quesito se la propria richiesta di cessione del quinto possa essere effettivamente accolta. Uno di questi casi è quello relativo al TFR, che solitamente dovrebbe essere compreso nella dotazione che il lavoratore mette a disposizione dell’ente erogante. In particolare si pone il problema relativo alla sua assenza, dovuta magari al fatto che si è chiesto un anticipo sulla liquidazione o non è ancora stato raggiunto il plafond di anni necessari per poterne disporre. Cosa succede in questi casi?

Come funziona la cessione del quinto senza TFR e chi la può chiedere?

La cessione del quinto di stipendio senza TFR può essere richiesta da due tipologie di lavoratori dipendenti:

  1. quelli che in precedenza hanno già fatto la richiesta per un anticipo dello stesso;
  2. i lavoratori che non hanno ancora maturato gli anni di servizio necessari.

Tra le condizioni che permettono di procedere alla richiesta di finanziamento va ricordata la necessità di avere un contratto a tempo indeterminato. Inoltre non è possibile richiedere un importo elevato. Per quanto concerne l’anzianità di servizio, essa deve situarsi tra i 3  e i 6 mesi, aggiungendosi all’intestazione di una polizza assicurativa in grado di tutelare l’ente erogante dal rischio di insolvenza.

Non va poi dimenticata la tipologia dell’azienda presso cui si lavora, che deve rientrare nella categoria delle medio-grandi, ovvero quelle che vantino un organico superiore ai 16 dipendenti, mentre la forma giuridica deve essere S.p.a., S.r.l. o S.a.p.a.
La durata della cessione del quinto senza TFR può toccare al massimo i 60 mesi ed avere come importo massimo della rata mensile 1/5 dello stipendio, mentre l’ammontare si situa tra i 10 ed i 15mila euro.

Perché è importante il TFR?

Probabilmente più di qualcuno si chiederà perché il TFR sia così importante, tanto da prevedere una formula di cessione del quinto tale da prevederne l’esclusione.

La spiegazione sta nel fatto che proprio la liquidazione costituisce una delle garanzie a favore dell’ente erogante per non rimanere con il classico cerino acceso in mano in caso di licenziamento dell’utente che ha contratto il debito.

Come è infatti noto, almeno nel caso dei dipendenti del settore privato il Jobs Act, la riforma del lavoro elaborata dal governo Renzi è andato a modificare la disciplina prima esistente. In particolare lo ha fatto andando ad eliminare l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, quello che impediva il licenziamento senza giusta causa. Ha quindi introdotto il concetto di licenziamento economico, ovvero quello derivante ad esempio dalla necessità di ristrutturare l’organico o di fare fronte ad una crisi dei consumi riducendo gli organici. In questa nuova situazione chiunque può essere licenziato, eventualità che potrebbe riguardare anche lavoratori che abbiano in corso una cessione del quinto o stiano per chiederla.

In caso di licenziamento, l’istituto finanziario il quale ha erogato il finanziamento non dovrebbe fare altro che andare ad operare la propria rivalsa sul TFR accantonato, e su tutti gli altri emolumenti che non siano stati goduti dal dipendente. In questa seconda categoria, vanno senz’altro a rientrare i premi, i permessi, la tredicesima e la quattordicesima, le ferie non godute.

La variabile rappresentata dai costi

Chi abbia in animo di chiedere una cessione del quinto senza TFR, dovrebbe comunque cercare di capire se questo tipo di finanziamento faccia effettivamente al suo caso o se non sia meglio provare ad indirizzarsi su una formula alternativa. In tal senso si consiglia di dare vita ad una ricognizione online, partendo dai cosiddetti comparatori, che sono in grado di operare un efficace raffronto tra le soluzioni proposte dal mercato, indicandone la convenienza o meno. Occorre infatti considerare che su questa tipologia di prestito vanno a gravare molti costi che potrebbero farne esplodere il prezzo finale che l’utente deve pagare sotto forma di rata mensile.

Altro consiglio che ci sentiamo di proporre è quello di considerare l’ipotesi di richiedere il prestito sul web, in quanto le società che operano telematicamente sono in grado di offrire grande rapidità nell’accoglimento della richiesta, unendo ad essa la convenienza derivante dal fatto che non devono accollarsi i costi di personali, che nella formula tradizionale vengono poi scaricati sul consumatore.