Cessione del quinto in caso di licenziamento: cosa succede? Informazioni e guida passo passo

Il prestito con cessione del quinto viene concesso solitamente a pensionati e lavoratori con contratto a tempo indeterminato. Questo avviene proprio perché queste due categorie sono considerate maggiormente sicure e in possesso di un’entra fissa. Cosa succede però se un lavoratore che in passato ha contratto un prestito con cessione del quinto venisse licenziato?

Si tratta purtroppo di uno scenario ormai sempre più frequente a causa della precarietà del sistema economico odierno. La cessione prevede il pagamento delle rate mensili attraverso una decurtazione mensile sulla busta paga, di un’importo pari o inferiore ad un quinto dello stipendio. Non è pensabile e permesso risarcire questo debito in modo differente. Purtroppo le uniche due componenti che interverranno in questa circostanza saranno il Tfr e l’assicurazione, in questo articolo vedremo come questo avverrà.

Utilizzo del Tfr

Purtroppo in caso di licenziamento il primo fattore ad entrare in campo è il Tfr, ovvero la liquidazione del lavoratore. In questo caso infatti la finanziaria che ha erogato il prestito con cessione del quinto eserciterà il diritto di rivalsa sul TFR accantonato dal lavoratore. Si tratta purtroppo di un diritto del creditore, sottoscritto dal debitore al momento della concessione del prestito. Da questa somma sono quindi scalate in un’unica soluzione tutte le rate che restano ancora da pagare al debitore. Si tratta di una soluzione obbligatoria ed arbitraria che non prevede eccezioni.

Questo avviene in modo automatico poiché il datore di lavoro è obbligato per legge a comunicare il licenziamento del dipendente, alla banca o all’istituto di credito che ha concesso il prestito. Infatti il datore è obbligato a trattenere tutte le rate dalla liquidazione e a versarle alla finanziaria. Questo è un passaggio stabilito dalla normativa e al datore di lavoro non resta nessuna alternativa differente. Quindi una volta comunicato il licenziamento il lavoratore si vedrà per forza di cose sottrarre le quote del Tfr necessarie per pagare il debito.

Questo apre la porta a due differenti scenari:

  • se la somma non è sufficiente a estinguere l’intero debito, questo verrebbe automaticamente ridotto della cifra pari all’ammontare della liquidazione. La cifra restante invece sarebbe richiesta all’assicurazione;
  • se la somma è sufficiente ad estinguere il debito, in quanto uguale o maggiore a quella del prestito da estinguere, la parte in avanzo sarebbe erogata regolarmente al lavoratore.

A titolo di ulteriore chiarezza, facciamo un esempio pratico. Ipotizziamo che un lavoratore al momento del licenziamento abbia ancora 8 mila euro da restituire. La sua liquidazione ammonta a 12 mila euro. I primi 8 mila euro serviranno per estinguere il debito, mentre al lavoratore verrebbero pagati 4 mila euro.

A cosa serve l’assicurazione?

Ogni debitore che si venisse a trovare in questa situazione potrebbe chiedersi, a cosa è servito allora sottoscrivere e pagare un’assicurazione? So tratta di un dubbio lecito. Però la legge prevede che ogni prestito con cessione del quinto abbia un’assicurazione che copre il rischio morte e occupazionale. Tuttavia, nonostante l’obbligatorietà della polizza, la parte relativa alla perdita del lavoro entra in gioco solo dopo il Tfr e con modalità speciali.

Se entra in gioco l’assicurazione, questa è obbligata a risarcire la finanziaria che ha concesso il prestito. In caso di licenziamento però il debito non verrebbe annullato ma solo trasferito. Questo significa quindi che l’assicurazione pagherebbe l’istituto di credito, per poi esercitare il suo diritto di rivalsa nei confronti del debitore. Per il debitore cambierebbe quindi solo l’ente con cui è indebitato. Questo potrebbe facilmente comportare anche il pagamento di alcuni costi di gestione, secondo quanto previsto dal contratto della polizza.

Quindi riassumendo la Banca o l’istituto di credito chiederebbero il rimborso all’assicurazione solo se vi fosse l’impossibilità di prendere il debito residuo dalla liquidazione del lavoratore. Questo però non estinguerebbe il debito ma andrebbe soltanto a trasferirlo all’assicurazione. Il debitore purtroppo in tutto ciò non ha voce in capitolo ed è costretto a subire le conseguenze dell’accaduto.

Tirando le somme

In conclusione la perdita del lavoro non estingue il debito ma è la liquidazione l’unica componente che può estinguere il debito. Se questo avviene al lavoratore dovrebbero però essere pagati gli interessi previsti sulle rate non ancora pagate e il rimborso degli eventuali oneri accessori.

Si tratta di una magra consolazione a cui è però importante prestare attenzione. Non sempre infatti vengono automaticamente messe in atto tutte le condizioni a vantaggio del debitore. Quest’ultimo purtroppo dovrà comunque fare a meno della liquidazione o di parte di essa. In ogni caso è sempre consigliato cercare un nuovo lavoro, se questo venisse trovato prima di un eventuale saldo dell’assicurazione, il debitore potrebbe comunque chiedere di passare le rate di restituzione sulla nuova busta paga. Questo eviterebbe spese inutili.

La perdita del lavoro è sempre un’ipotesi molto spiacevole che, come abbiamo visto, presenta delle ripercussioni anche sui prestiti con cessione del quinto. Per questa ragione al momento della loro sottoscrizione devono essere ben soppesati anche nella sua componente assicurativa.

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Davide Bagnoli è un giornalista iscritto all'albo dell'Emilia Romagna. Nella sua carriera si è occupato di tematiche tra loro molto diverse ma ha sempre cercato di farlo con passione e con il sorriso sulle labbra. Quando possibile cerca di trasmettere il suo sorriso anche ai lettori, ama molto scrivere e questo lo ha portato a pubblicare due libri. Ha alle spalle vari anni di esperienza come articolista e redattore di guide nel settore economico.