Pochi sanno che la cessione del quinto è una formula nata nel 1950 e ristretta inzialmente al solo settore pubblico. Proprio il fatto che abbia immediatamente mostrato la sua validità, ha poi spinto il legislatore ad allargare l’istituto anche ai dipendenti delle aziende private. Solo nel 2005, però, ha trovato finalmente la sua veste attuale, all’interno della Legge Finanziaria liquidata in quell’anno dal Parlamento, il quale provvide appunto a definire la cornice all’interno della quale dovevano muoversi le finanziarie che lo proponevano.
Da allora la cessione del quinto ha aumentato sempre di più il suo appeal nei confronti dei consumatori del nostro Paese, come si può facilmente notare andando ad osservare le statistiche relative al comparto creditizio, in base alle quali si può affermare che si tratti di una soluzione sempre più praticata dai lavoratori italiani.
A spiegare il grande successo della cessione del quinto per lavoratori (a tempo indeterminato e a termine) e pensionati è il fatto che molto spesso chi cerca un prestito è magari oberato dalla nomea di cattivo pagatore riportata nel corso di un precedente finanziamento, oppure ha difficoltà ad ottenere credito per i più svariati motivi. Con la cessione del quinto, invece, il consenso dell’ente finanziario cui ci si rivolge è praticamente scontato (o quasi), nel caso in cui si abbia uno stipendio o una pensione su cui appoggiare il piano di rientro. Ferme restando le problematiche insite in questa formula, di cui abbiamo ampiamente parlato in altri articoli.
Perché la cessione del quinto è sempre più praticata?
Come è ormai noto, dopo lo scoppio della bolla dei mutui Subprime, nel 2008, si è verificata una crisi economica devastante, i cui esiti si sono fatti sentire anche sul mondo del credito. Il fatto che molti clienti che avevano ottenuto un prestito non siano più stati in grado di pagarlo, ha avuto in particolare due esiti:
- il formarsi di una massa ingente di crediti non più esigibili, detti “deteriorati”, nella pancia degli istituti bancari e finanziari;
- la stretta creditizia, derivante proprio dalla necessità di restringere i criteri di accesso al credito, esigendo di conseguenza garanzie molto più stringenti di quelle in vigore prima del credit crunch.
In pratica nel corso della crisi le finanziarie hanno dato una notevole sterzata nella loro politica, tendendo a privilegiare la sicurezza dell’investimento. In un quadro di questo genere è del tutto logico che abbia prosperato un prodotto come la cessione del quinto, il quale riduce al minimo i rischi per l’ente erogante e si rivela estremamente fruttuoso proprio per gli alti costi che esso comporta a carico del richiedente. In questo caso, infatti, la garanzia di un sicuro ritorno deriva proprio dal fatto che il consumatore interessato pone alla base della propria richiesta il proprio appannaggio mensile, si tratti di stipendio o pensione, sul quale sarà poi impostata non solo la cifra da concedere, ma anche il piano di rientro, con ritenute mensili alla fonte. In tal modo, a differenza di quanto accade nei prestiti personali, viene eliminata la discrezionalità del debitore nel pagare o meno la rata del prestito.
La garanzia rappresentata dal TFR
Occorre poi sottolineare come nel caso dei dipendenti privati una garanzia ulteriore venga ad essere rappresentata dal TFR accantonato, il quale resta vincolato a garanzia del prestito. Nel caso in cui il lavoratore cui è stato concesso il finanziamento perdesse il posto di lavoro, l’Istituto che lo ha erogato sarebbe senz’altro autorizzato a prelevare la parte di liquidazione necessaria per la concorrenza del debito residuo. Naturalmente tutto ciò ha un effetto ulteriore, comportando che il TFR diventi indisponibile a vantaggio del lavoratore (ad esempio per chiederne un anticipo) per tutta la durata del prestito. Una indisponibilità che però non colpisce la parte eccedente il debito residuo: in pratica se si è già accantonato presso l’azienda un TFR equivalente a 20mila e il debito residuo si attesti a quota 15mila, si può chiedere alla stessa un acconto sui 5mila restanti.
Il coefficiente assicurativo
Nel caso dei dipendenti privati, c’è anche un’altra questione che occorre senz’altro affrontare, quella relativa al coefficiente assicurativo. Di cosa si tratta? Come ormai è risaputo, quando si sottoscrive la cessione del quinto è necessario dotarsi di una polizza assicurativa in grado di coprire la perdita del posto di lavoro. Le compagnie assicurative che affiancano il settore creditizio nel campo della cessione del quinto provvedono infatti ad assegnare a ogni azienda privata un Coefficiente Assicurativo, ovvero la sintesi del grado di sicurezza sul posto di lavoro offerto dall’azienda. Il numero in questione viene scelto in una scala che sale da 1 a 6, il quale aumenta con l’aumentare del grado di solidità attribuito all’azienda. Naturalmente le aziende di grandi dimensioni che magari possono vantare una storia pregressa molto lunga andranno a consegnare ai loro dipendenti dei coefficienti più elevati rispetto a quelli che vanno invece a caratterizzare imprese di piccole dimensioni operanti da un lasso di anni meno significativo. Proprio dal coefficiente assicurativo dipende in pratica l’ammontare massimo finanziabile, in quanto moltiplicandolo per il TFR lordo accantonato si otterrà la misura del finanziamento massimo che può essere erogato al dipendente. Anche in questo caso un esempio può chiarire meglio il discorso:
Il dipendente privato il quale abbia l’intenzione di chiedere una cessione del quinto, può comunque cercare di reperire soluzioni convenienti facendo ricorso alle aziende che operano in questo particolare comparto online. Proprio esse, infatti, sono in grado di garantire proposte più convenienti, non dovendo scaricare sul finanziamento i costi derivanti dall’impiego di personale in carne e ossa. Un vantaggio che va ad aggiungersi alla velocità che caratterizza la modalità telematica, riducendo drasticamente i tempi di attesa per il lavoratore interessato.